L’archeologia dal greco ἀρχαιολογία, racconto di storie antiche, è la scienza che studia le tracce del passato, quelle tracce che da millenni l’uomo ha lasciato a memoria dei suoi passi. Il ricordo di ciò che siamo stati, la memoria di quello che siamo e l’immagine di quello che saremo.

Il nostro paesaggio è un vasto documento storico e sulla sua superficie si sono accumulati centinaia di migliaia di piccoli interventi di trasformazione naturali e umani. Il suolo è un documento storico che deve essere decifrato, tradotto e interpretato, è come un libro che deve essere sfogliato, pagina dopo pagina, per essere letto e compreso fino all’epilogo che ci darà una visione, seppure parziale, di quel pezzetto di vita reale che si è consumata proprio lì, in quel luogo, tanto tanto tempo fa. Lo scavo recupera dal terreno la memoria che non potrebbe ottenersi in nessun altro modo, è un atto unico e irripetibile, un’azione distruttiva, tuttavia necessaria, per poter recuperare quei piccoli frammenti di vita quotidiana che spesso sfuggono alla narrazione della storia dei grandi eventi.

L’archeologo sfoglia questa sequenza di strati che si sovrappongono e rappresentano il trascorrere del tempo, recupera i segni, a volta labili, a volte imponenti, recupera la vita degli uomini del passato attraverso i manufatti delicati che la terra restituisce, quegli utensili che sono serviti per consumare cibo e bevande, pezzi di puzzle che ci restituiscono un frammento della loro quotidianità.

Tracce che si possono riconoscere in armille e fibule, coltelli, rasoi e dischi in bronzo, cuspidi e asce in ferro, vasellame di vario genere. Tutto ciò aiuta a comprendere l’epoca a cui quel pezzo appartiene, la cultura del luogo che lo ha prodotto e se quell’oggetto viene da molto lontano e in qualche modo ci parla di scambi, di rapporti intercorsi tra popoli spesso distanti e quasi sembra di poter assistere ad una scena di vita reale dove commercianti, artigiani ed esperti navigatori si incontrano e veicolano i loro prodotti e la loro cultura e tutto si anima, prende vita quel passato mai spento.

Cautela e delicatezza per riportare alla luce una storia e a volte, quando il suolo è più duro, fatica e determinazione, ma stando sempre attento a non perdere le tracce che la terra conserva e poi arrendersi dinanzi all’imponenza di quello che l’uomo ha realizzato, le cause e le conseguenze. Infine, l’archeologo, questa figura a metà tra Indiana Jones e Schliemann, tra il tecnico di scavo e il ricercatore critico, svolge la sua ricostruzione con un team che utilizza evidenze parallele ricavate da altre fonti documentarie, linguistiche, scientifiche, epigrafiche o di ogni altra natura, che ci mettono in grado, attraverso l’uso equilibrato dell’immaginazione, di recuperare frammentarie visioni del passato simili a sequenze isolate di un vecchio film muto, proiettato male. Infine il nostro compito è quello di ridurre al minimo le distorsioni, di mettere a fuoco le immagini sfocate e ricostruire un’edizione più attenta e accurata di questa vecchia pellicola.